Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 2 marzo 2001
NdR: nel podcast sono state omesse/modificate alcune parti per attualizzare l’articolo qui riportato nella versione originale.
[Nel maggio del 1997, in occasione del secondo ciclo di incontri a tema storico tenuti a Casa Giacobbe, intitolati ‘Incontri del caminetto”, raccolsi diverso materiale documentario riferito a molteplici vicende che avevano visto come teatro la piazza principale della nostra città. Per l’incontro pubblico utilizzai quei materiale come ampia didascalia ad una serie di immagini fotografiche, note ed inedite, antiche e recenti, in cui l’obiettivo ritraeva i diversi angoli della piazza stessa. Ora, pensando a come piazza Liberazione si appresti a mostrarsi con una nuova veste, certamente non per la prima volta, ho ripreso quel materiale e, nel rivederlo, ho pensato di riportare qui le parti più interessanti, aggiungendo ulteriori notizie raccolte nel frattempo.]
Il documento più antico a nostra disposizione su Piazza Liberazione risale all’anno 1410, anno in cui è registrata la concessione, ad opera del duca di Milano Giovanni Maria Visconti, del mercato settimanale col privilegio dell’esenzione dai dazi.
A questo proposito, ecco quanto disse il feudatario Luigi Melzi, più di due secoli dopo (nel 1679): “Anticamente in detto Borgo vi si faceva il mercato ogni giovedì come dal suo privilegio che si dice concesso dal Duca di Milano il 1410, et a quest’effetto vi sono ancora li suoi portici nella piazza, qual è assai grande, et questo era anticamente il sito della fossa del castello che fu distrutto, per quello che ho sentito dire, da Federico Barbarossa“.
II Melzi si cautelava con una serie di “si dice”, ma sulla sua prima affermazione la certezza ci è data dalla documentazione ufficiale contenta nei registri viscontei: il diploma originale di concessione uscito dalla Cancelleria ducale non mi risulta che si sia conservato, ma ci è noto il testo del privilegio, in data 13 gennaio 1410, grazie all’abitudine della Cancelleria stessa di registrare il contenuto di tutti i diplomi concessi. Se i portici venissero creati per dare maggior agio allo svolgimento del mercato, in particolare nella stagione invernale, oppure se fossero preesistenti, non è oggi possibile dirlo, e solo una ricerca sugli atti notarili coevi potrebbe dare qualche risposta. Se ne riparlerà. Che la piazza sorgesse dove un tempo era stato scavato un fossato, o comunque una struttura difensiva, è assai probabile, visto che la presenza di un castello, o meglio di un “recetto”, è ben documentata: su questo argomento si è detto già molto in articoli precedenti [e non è quindi ora il caso di ritornare sulla questione].
L’anno 1410 può essere quindi indicato come data di nascita della funzione pubblica della piazza, che col mercato si aprì all’arrivo di venditori e acquirenti provenienti da tutto il circondario. Il suddetto Luigi Melzi definì Magenta “terra di gran concorso, et di transito di soldatesca frequentemente“. Molti soldati transitarono per la piazza magentina che, date le vaste dimensioni, dovette prestarsi ottimamente ad accogliere le truppe di passaggio sulla strada postale che da Milano conduceva al passaggio del Ticino. Spazio vasto ma non adatto alle esercitazioni militari che, specialmente da quando il Ticino divenne confine di Stato, si tenevano fuori dall’abitato lungo l’ampio stradone che conduceva alla frazione Ponte (Pontevecchio).
A detta del Parodi, antesignano della ricerca storica nella nostra zona, nel 1455 la piazza fu attraversata da un corteo d’eccezione, inusitato in un borgo rurale quale Magenta era allora e quale continuò ad essere per lungo tempo: ospiti dei nobili Crivelli, grandi proprietari locali, vennero a Magenta alcuni figli del duca di Milano Francesco Sforza, e qui si fermarono a pranzo, concludendo poi la visita con liete danze. Più di un secolo dopo un altro corteo reale soggiornò a Magenta, e quindi ne attraversò la piazza: Enrico III, re di Francia, con ampio seguito di cavalieri francesi ed italiani, pernottò a Magenta l’11 agosto 1574, ospite di qualche nobile locale, che le cronache non menzionano.
Due anni prima, nel giugno del 1572, era sceso a Magenta, per la prima volta nella sua vita, l’aspirante conte e feudatario Guido Cusani, fresco acquirente del feudo magentino, che aveva pagato con denaro sonante (ne abbiamo parlato qui). Probabilmente non conosceva bene il luogo, e l’aveva immaginato ben diverso, per prestigio e ricchezze. Non gli parve gran cosa la piazza, così come gli abitanti gli dovettero sembrare molto rozzi; testimoni successivamente interrogati riferirono che “pensava di essere ricevuto ed onorato, e nessuno invece gli guardò addosso“. Fu molto deluso, addirittura irritato, e, quando si rese conto di non poter esercitare nessuna autorità, se non per qualche prerogativa esclusivamente formale, preferì rinunziare al feudo di Magenta, lasciandolo vacante fino al 1619. Dal 1620 la polvere della piazza venne periodicamente percorsa dai nuovi signori del luogo, i conti Melzi, che stabilirono con Magenta un legame che sarebbe durato più di due secoli; nella sua prima visita da feudatario, nel marzo del 1620, Luigi Melzi prese possesso della sua carica con un rituale dal sapore medievale: partito dal pretorio, percorse le vie e le piazze del borgo, raccogliendo “pietre ed altre cose esistenti in quel luogo, secondo l’uso e il diritto del suo grado, per poi gettarle per terra“, così da affermare simbolicamente sia l’autorità che, passata nelle sue mani, era da lui stesso custodita e all’occorrenza delegata, sia la protezione che da quel momento avrebbe accordato alla terra di sua giurisdizione. Un solenne “convocato generale dei magentini che sostengono i pesi comuni“, ovvero gli abitanti maschi adulti (circa cinquecento su quasi duemila anime, appartenenti a circa trecento fuochi, ossia nuclei familiari), riunito secondo il solito uso nella piazza, tributò al Melzi il dovuto omaggio, riconoscendolo perpetuo feudatario.
La prima e più antica fase pubblica della piazza si chiuse idealmente con quella cerimonia; ad altri protagonisti sarà dedicato un giusto spazio nei prossimi articoli/podcast.
L’immagine di copertina è tratta dall’Archivio di Stato di Milano (catasto Teresiano 1723)