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Arriva l’Ufficio Postale

Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 3 aprile 1999

La prima strutturazione di un capillare servizio postale in Lombardia si ebbe con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto (1815).
Magenta, inclusa nell’ottavo distretto della provincia di Pavia, rientrava nelle competenze del Commissario Distrettuale con sede in Abbiategrasso, ed era raggiunta con frequenza bisettimanale da un ‘pedone’ che dall’ufficio abbiatense si recava nei comuni del Distretto per consegnare la corrispondenza.
Tale sistema, gravoso per la pubblica amministrazione, venne ben presto sostituito dalla creazione di uffici postali nei centri più importanti. A Magenta si cominciò a parlarne nel 1832, quando Francesco Crosta, ricevitore locale del Lotto, con esercizio lungo la strada postale, inoltrò una petizione al Dicastero delle Poste per far conoscere “quanto sarebbe necessaria l’erezione di un ufficio postale, appena si abbia riguardo alla situazione centrale del borgo di Magenta, su di una strada maestra nel centro del Distretto, per cui molti comuni sono costretti a venirvi per il commercio di generi di prima necessità“.
Proponendosi come candidato a ricoprire l’incarico di commesso dell’erigendo ufficio postale, il Crosta non mancava di riferire che tale era anche il desiderio dell’Ufficialità della stabile Imperial Regia Gendarmeria stanziata in Magenta.
Passò tuttavia qualche anno, e solo nel 1840 venne aperto il concorso per gli aspiranti al posto di commesso nell’Ufficio Poste e Diligenze da istituirsi in Magenta. Tra gli aspiranti vi erano Michele Burla, di anni 38, proprietario di una caffetteria sulla piazza del mercato, Giovanni Cairati, vetturale e pedone patentato con disponibilità di bottega, Ignazio Belcredi, marchese e tenente in pensione, Francesco Crosta, di cui si è detto sopra (prima), e infine Giuseppe Fornaroli, di anni 25, colui che qualche decennio più avanti avrebbe legato il suo nome alla struttura ospedaliera magentina.
Per quest’ultimo fece richiesta il padre Paolo Gaspare, dispensiere di generi di privativa con bottega sotto i portici. Come consuetudine del tempo, vennero prese informazioni sulla condotta morale e politica degli aspiranti, poiché la selezione non era fatta mediante prove di attitudine e abilità, ma sulla scorta della potenziale affidabilità dei concorrenti. Così le informazioni trasmesse definivano il Burla “abile nel fabbricare paste dolci, ma di abilità circoscritta nello scrivere e molto più nel conteggiare“, e liquidavano in breve il Cairati, sottolineando che “è un materiale esercente che a mala pena sa segnare il suo nome“: nel complesso erano ritenuti, il Burla meno dell’altro, “inetti al ricevimento ed alla consegna delle lettere e dei pieghi, al loro inoltro all’estero (cioè al di là del Ticino) e molto più alla tenuta del registro di carico e scarico“. Ben diverso il tenore della relazione sul giovane Fornaroli; di lui così scrisse il Commissario di Polizia in Magenta: “Ha percorso gli studi ginnasiali e la sua condotta morale fu sempre lodevole nei rapporti morali e politici, e non si fece rimarcare che per le stravaganti sue varietà, tutte dirette al fine di procurarsi un impiego. Falegname dapprima, indi vetraio, dappoi ferrarezza [fabbro], tutt’ad un tratto sensalista [mediatore di commercio] colla vista d’essere eletto organista del paese, senza effetto; poi corista teatrale infelice, ed ora petente d’essere commesso salnitraio, e finalmente commesso postale.
L’incarico venne affidato a Giuseppe Fornaroli in data 20 luglio 1840, e col primo ottobre l’ufficio postale, ricavato all’interno della bottega del padre, sotto i portici, poté iniziare l’attività. Il circondario di distribuzione comprendeva Bareggio, Bernate, Boffalora, Cassina Pobbia, Castellazzo, Corbetta, Marcallo, Menedrago, Mesero, Ossona, Robecco, S. Stefano e Sedriano, ricevendo l’ufficio magentino carteggi solo da Abbiategrasso e Milano.
La provvigione per il commesso, elemento su cui il Fornaroli negli anni seguenti ebbe molto a polemizzare, fu fissata al 50% sugli introiti del ramo lettere e al 10% sui prodotti diligenze (ovvero pacchetti postali e passeggeri). L’ufficio postale accettava la corrispondenza in partenza solo nella sede dell’ufficio, mentre per la distribuzione a domicilio era prevista una provvigione di 3,4 o 5 centesimi per ciascuna lettera a seconda della distanza.
La gestione Fornaroli, tra alti e bassi, tra lamentele dell’Amministrazione per la poca affidabilità del commesso e proteste di quest’ultimo per gli scarsi guadagni, continuò fino al 1854, quando Giuseppe Fornaroli venne sospeso dal contratto a causa di “malversazioni commesse coi francobolli dal suo sostituto temporaneo Luigi Formenti“. A partire dal 15 dicembre di quell’anno l’Ufficio venne consegnato a Luigi Ranzini; figlio ventiduenne di Antonio Maria, agente comunale in Magenta per 36 anni, il giovane Ranzini, “riguardato come modello dalla gioventù locale” superò la concorrenza di Carlo Gagliardi, da due anni a Magenta come esattore comunale, di Francesco Pagani, “maestro privato di scuola elementare e di cembalo, ma compromesso negli affari politici degli anni 48/49 in qualità di militare“, di Francesco Parea, pizzicagnolo e fabbricatore di pasta torchiata (forse spaghetti, ma bisognerebbe approfondire…), infine di Luigi Ceriani, “che ha fama nel comune di essere contrabbandiere, ma nulla lo prova, ritraendo i suoi mezzi di sussistenza dalla sua professione di pescivendolo“.
Un campionario di varia umanità, legata alla possibilità di svolgere una professione redditizia e socialmente qualificata; il funzionamento quotidiano dell’ufficio postale, e le difficoltà nella gestione ad esso connesse, gettano una luce particolare sulle abitudini dei magentini di allora; ma di questo si parlerà in un prossimo articolo.

 

Immagine: Cornelis Norbertus Gysbrechts, Trompe-l’oeil (fonte Wikipedia)

Laura Invernizzi

Membro del Consiglio della PRO LOCO MAGENTA
Giornalista, realizzatrice e voce narrante della sezione "Podcast"

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