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Cosa si nasconde a Magenta? (testo e podcast)

Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 7 settembre 1997

Il caso storico dell’estate (del 1997 ndr) è stata la scoperta ad Abbiategrasso dei resti del ponte sulla fossa viscontea che conduceva all’ormai scomparsa Porta Milano, nei pressi dell’odierna stazione ferroviaria. Cancellato alla vista nella seconda metà dell’Ottocento a seguito del riempimento dell’antico fossato del castello, sembra risalga al quindicesimo secolo: le vicende del suo ritrovamento hanno innescato una serie di polemiche sui metodi utilizzati per l’asportazione del terreno circostante e per la comunicazione alla Soprintendenza avvenuta a lavori di scavo ormai avanzati. […] Ho pensato a cosa il sottosuolo di Magenta potrebbe offrire come memoria di un passato più o meno lontano. In Archeologia magentina sono stati illustrati i risultati di ritrovamenti compiuti casualmente nei decenni scorsi, durante lo scavo delle fondazioni di edifici o nel corso di movimenti di ingenti masse di terreno, con la scoperta di reperti archeologici di età celtica o romana. Se invece volessimo, per ipotesi, tentare qualche scavo mirato, alla ricerca di segni della secolare storia magentina, avremmo qualche possibilità di successo? Ovviamente non possono esserci certezze, ma si possono formulare ipotesi, sulla base delle risultanze cartografiche e delle conoscenze storiche dei secoli scorsi. Il centro cittadino avrebbe potuto essere una vera e propria miniera, perché proprio il sottosuolo conserva la risposta definitiva ai dubbi sulla presenza o meno di un castello. La costruzione del palazzo Donarini-Buttafava prima, e degli altri palazzi limitrofi poi, in un’epoca in cui l’attenzione alla memoria storica era alquanto sbiadita, hanno cancellato forse per sempre le probabili fondazioni di antichi edifici, e solo un’annotazione a margine di un rilievo compiuto nel corso della costruzione del palazzo Donarini-Buttafava parla di un muro di fondazione di epoca medievale. Secondo alcuni documenti, lo spazio oggi occupato dalla piazza Liberazione e dalla via Mazzini, fino alle piazze Vittorio Veneto e Parmigiani, sarebbe stato un tempo occupato da un fossato; non è da escludere che in corrispondenza delle piazze, ampi spazi di forma rettangolare in posizione simmetrica, il terreno nasconda qualche manufatto di fortificazione o di contenimento. In particolare la piazza Vittorio Veneto, un tempo piazza Scaldasole, tradendo nel nome la sua origine longobarda (da “scoldasolium”, termine che indica un terreno di proprietà dello “skuldaizo”, dipendente del gastaldo con potere civile e militare su Longobardi e Latini), potrebbe racchiudere qualche sorpresa. Certo non avrebbe senso mettersi a scavare, anche perché eventuali ritrovamenti non sarebbero altro che rovine, ma se per cause di forza maggiore fosse necessario forare la terra di qualche metro, sarebbe utile fare attenzione ad eventuali strati di terreno dalla consistenza sospetta. Altri punti interessanti potrebbero essere quelli dove erano posizionate le chiese magentine che ora non esistono più, in particolare la vecchia San Martino, sull’odierna piazza Kennedy. L’edificio, come chiaramente mostrano le mappe, aveva la facciata rivolta ad ovest ed era molto spostato verso il centro della piazza rispetto alla strada che conduce a Pontevecchio, cosicché le fondazioni di buona parte della vecchia chiesa vengono oggi a trovarsi al di sotto del marciapiede e della strada. Ad oggi non sappiamo se la chiesa di San Martino sia stata la più antica di Magenta, perché a contendere il primato era la chiesetta di S. Maria Vecchia o S. Anna, prospiciente la piazza centrale (vicolo Ancillotto); l’edificio oggi esiste ancora, ma la secolarizzazione avvenuta in epoca napoleonica ne ha completamente modificato la struttura; anche qui il sottosuolo potrebbe riservare qualche sorpresa. C’è poi una curiosità, relativa alla parte centrale dell’abitato. Percorrendo la via Pretorio, ci si accorge che in direzione di piazza Liberazione la via è in leggera discesa, segno che quella parte di isolato è leggermente rialzata. Era il cuore del vecchio borgo, con il pretorio, il locale delle carceri e la chiesa della Visitazione fatta erigere dalla potente famiglia Crivelli. Anche qui, come in molte altre zone della città, vecchie case, che avrebbero potuto racchiudere importanti segni della nostra storia, sono state demolite e sostituite da nuovi edifici. La diceria popolare vuole che sotto la via Pretorio esistesse un cunicolo di collegamento tra la chiesa dell’Assunta e quella della Visitazione: è una cosa verosimile, visto che nella chiesa dei Crivelli i padri Celestini dell’Assunta erano incaricati della messa quotidiana, e quindi un passaggio diretto e segreto, in un’epoca piena di torbidi e incertezze, poteva anche essere comodo se non indispensabile. Non si è mai trovato nulla, anche perché un cunicolo è soggetto a franare, se non più utilizzato. […]*
Lasciando ora il sottosuolo, qualcosa bisogna dire su ciò che è rimasto, rammaricandoci prima però di quello che sarebbe potuto rimanere. I portici occidentali, oggi rifatti, erano l’appendice di un grande caseggiato che dava sull’odierna piazza del Municipio, e che aveva origini antichissime; sul lato sud di piazza Liberazione c’era la casa sede della Confraternita dei Poveri, con un affresco quattrocentesco; oggi al suo posto c’è un anonimo palazzo. La residenza di campagna dei marchesi Mazenta, col vasto parco, ha lasciato posto al cinema Centrale (a sua volta sostituito da una nuova costruzione ndr), e con essa è scomparso uno degli edifici che avevano fatto la storia della nostra città; è stato demolito il lungo caseggiato di fronte alla basilica, sede della più antica osteria magentina, ricca di secoli e di ricordi, tra cui quello della sosta di Napoleone III. Tuttavia qualcosa è rimasto, rendendo merito ai proprietari di quelle case di antica residenza nobile che hanno preferito il restauro alla riedificazione; magnifici sono i tratti esterni e le strutture abitative delle antiche case Melzi (angolo via Garibaldi – Santa Crescenzia), della casa Boisio (via Mazzini), della casa Beretta (via Roma), per non parlare della villa Crivelli-Redenaschi (sede AVIS) e del monastero dei padri Celestini (piazzale dell’Assunta). Viceversa piange il cuore nel vedere lo stato di conservazione della facciata della casa Martignoni, in fondo a via Garibaldi, dove il cotto quattrocentesco delle finestre ogivali si sta sgretolando giorno dopo giorno. Anche le campagne, per finire, conservano qualche reperto dei tempi passati, perché era consuetudine utilizzare per alcuni manufatti ad uso agricolo le grandi pietre che gli avi avevano posto a suggello delle tombe; così per le vasche di raccolta dell’acqua si utilizzavano i sarcofagi in granito e gli elementi in sasso degli incastri dei canali era di varia provenienza. Una attenta ricerca potrebbe condurci, come già è accaduto, a rinvenire materiale di recupero di provenienza medioevale ed anche longobarda, considerando che la canalizzazione della nostra vallata è antichissima, essendo l’acqua di origine sorgiva.

Foto di copertina tratta dal libro “Magenta case e ambienti del 700” di Raffaella Panigati (ed. Segnalibro Magenta, 1982). In basso a destra si legge nella didascalia dell’autrice “in mezzo a numerosi tetti è possibile scorgere la sagoma dell’antica chiesa di S. Maria della Pace o S. Maria della Visitazione così denominata a causa di un quadro riproducente la visita della Madonna a S. Elisabetta. L’edificio è sconsacrato da tempo ed è stato adattato ad abitazione.”
Negli ultimi anni nell’area (Via Pretorio, Piazza Fontana) ci sono stati diversi interventi di riqualificazione che hanno portato alla demolizione gli edifici  tra questi anche della chiesa.

*Nota: il testo originale dell’articolo è stato modificato, aggiungendo o omettendo alcune parti, in modo da essere aggiornato al 2021. Per completezza vi riportiamo qui quello relativo all’area sopra citata “ma il fatto che l’edificio della chiesa della Visitazione non abbia subito interventi devastanti (stesso dicasi del monastero dei Francescani che si può intravedere dall’angolo di sud-est di Piazza Giacobbe) potrebbe far sperare nell’esistenza ancora di qualche reperto importante. Per questo, in tutta la zona di Via Pretorio, Piazza Fontana, Vicolo Parmigiani e Via S. Biagio, sarebbe il caso di usare prudenza in occasione di futuri interventi edilizi.

 

Laura Invernizzi

Membro del Consiglio della PRO LOCO MAGENTA
Giornalista, realizzatrice e voce narrante della sezione "Podcast"

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