Quattro passi nel dialetto Milanese e Magentino – Giugno 2021
Nel nostro cammino a ritroso nel tempo e nella lingua, questo mese, per noi legato soprattutto ai festeggiamenti e alla Rievocazione alla Battaglia del IV Giugno, è l’annunciatore dell’estate e dei raccolti. Proverbi e riti raccontano il faticoso lavoro dei campi assieme a momenti di festa per i frutti della terra.
“Giugn al fulcin in pugn !”
Oggi le macchine hanno soppiantato la dura attività manuale ma il mese porta il marchio di quel falcetto e del sudore dei nostri nonni che aggiungevano :
“In temp da segarìa sa dis nò né pater, né avemaria”… per sottolineare che in tempo di mietitura (segarìa) i contadini arrivavano a sera tanto stanchi da addormentarsi prima ancora di aver recitato le preghiere.
Comunque per l’opera e la soddisfazione dei raccolti il mese era anche definito: “Giugn streng al pugn.”
Anche il mese di Giugno ha tutta una raccolta di detti e riti legati ai santi del mese, ma su tutti primeggia un santo e una notte: 24 Giugno – la notte di San Giovanni
“Sono moltissime, in ogni parte d’Italia, le tradizioni popolari legate a questa notte incantata. Hanno quasi tutte a che fare con il fuoco e l’acqua, perché nei tempi antichi il solstizio d’estate era ritenuto il momento dello sposalizio del sole e della luna, rappresentati appunto da questi due elementi. Ecco quindi che in molte zone era abitudine accendere grandi falò per scacciare il male in tutte le sue forme.”
Uno dei riti più diffusi è la famosa “barca di S.Giovanni”. La notte tra il 23 e il 24 Giugno si mette un chiaro d’uovo in un bicchiere con dell’acqua e lo si espone all’esterno perché possa godere della rugiada notturna. Il mattino seguente apparirà nel bicchiere una base biancastra con filamenti simili a vele dando l’aspetto di una barca. Dalla bellezza del veliero si potrà presumere la buona sorte.
Nelle tradizioni popolari ci sono molte altre cosa da fare in questa notte fatata, raccogliere le noci acerbe da mettere sotto spirito per fare il “Nocino”, o cercare l’iperico, detto anche “Erba di San Giovanni”, usato un tempo per cicatrizzare le ferite o ancora cogliere la camomilla per fare:
“El mazz de san Gioann, de camamella cattada sù anmò masarada de rosada. Sugada sora i foeuj de carta all’ombria, la quietta giò i dolor de panscia (el petasc) e la favoriss el sògn.” (da Menisc Mes’ciòzz di Elena Paredi)
DERIVAZIONI e MODI DI DIRE : Pan Pòss
Vi siete mai chiesti perché il pane raffermo o altro viene definito “pòss“? Nei vocabolari italiani non trova una definizione e “posso” non è altro che una coniugazione del verbo potere. Dopo qualche ricerca, ho scoperto che la parola “pòss” sembra derivare dal latino “pausare” (riposare, fermarsi…) quindi, rispetto al pane, significa riposato, fermato, raffermo. In più, nella lingua spagnola, si dice: “pane posado” e sappiamo quanto ha influito la dominazione spagnola sul nostro dialetto e quanto sia facile troncare la parola da posado in pòss.
Inoltre, peculiarità del dialetto è l’arguzia e l’ironia di trasferire similitudini alle persone, così diciamo: “guarda, l’é lì ‘me un pan poss” indicando una persona indolente, senza iniziativa, un po’ tontolona…. e questo vale anche per altre cose. Mi viene in mente: “facia da tolla” , “pel da strachin“, “pata lavaa” ecc….da appioppare di volta in volta a qualcuno! Suggeritene voi altre…
GRAMMATICA – Il verbo AVERE (Avè-Avègh-Vègh)
Dopo aver visto in qualche puntata precedente il verbo ausiliare essere, “vess”, ecco il verbo avere che in magentino pronunciamo con le é chiuse a differenza del milanese in cui le è sono aperte. Per non tediare con tutti i tempi, vediamo almeno il presente indicativo e scoprire come si scrive:
- Mì gh’hoo (io ho);
- Tì te(ta) gh’hee (tu hai); Tì te(ta) gh’heet (se la parola che segue inizia per vocale)
- Lù el (al)gh’ha (egli ha);
- Numm gh’emm (noi abbiamo);
- Vialter(Violtar) gh’avii (gh’i)(voi avete);
- Lor gh’hann (essi hanno). (si legge “Lur”)
Le parole in azzurro riportano la dizione magentina.
…E CHI LO SA?
Sul quesito dello scorso mese in merito alla parola “zainera”, (in magentino “sainera”) non ci sono pervenute risposte e per questo sembra proprio che tale vocabolo risulti sconosciuto ai più. Suggerimento ai più giovani… provate a coinvolgere e chiedere anche ai nonni! Talune espressioni dialettali aprono mondi di visioni e di ricordi.
Mio nonno “David” aveva un’osteria in Via Roma dove la nonna “Mìglia” faceva da mangiare e, nei suoi racconti, la mia mamma mi descriveva il locale dove c’era: “un bancon cun la sua bèla vasca da zinc e dadré la sainera …” – “Mama sa l’é la sainera ?” – “Sì, la sainera cun i bicer, i misur: quartin, meslitar… e in scima di bei vas da maren (o d’amaren)”
Ho trovato la parola “zainera” (sainera) solo nel vocabolario Milanese-Italiano di G.Banfi (1870) con la dicitura: “scaffale nei vivaj ove stanno in fila i vetri, cioè i bicchieri, i mezzilitri, i litri ecc.” negli altri, il vocabolo in questione è indicato come “cerniera“
Bene. La parola di questo mese è : giànèta … però datevi da fare! E’ un termine che rappresenta bene tutta un’epoca… che sarà mai? Buon inizio d’estate, ci sentiamo…
Per le vostre risposte, i vostri ricordi o gli interventi scrivete a: https://www.facebook.com/magentanostra o info@magentanostra.it
(bibliografia: C.Beretta “A lezione di grammatica Milanese”- C.Comoletti “I mestee de Milan”- “Vocabolario Milanese-Italiano”edizioni di G.Banfi – di F.Angiolini – di F.Cherubini – WEB: Wikipedia – Accademia della Crusca -– Canzon.Milan.it – Milano Free.it – www.sciroeu.it – foto Internet rielaborate e con autore sconosciuto)