El canton del dialètt – Més de Agost 2022
Al cantòn dal dialètt – Més d’ Agust 2022
(le parole in azzurro sono scritte in dialetto magentino)
“A la Madòna de Agost, stà in camisa anca el Prevòst”
“Alla Madonna di Agosto (giorno 15) anche il Prevosto si toglie la tonaca e sta in maniche di camicia (per il gran caldo).”
Visto l’andamento meteorologico di quest’estate, mi è sembrato opportuno proporre questo gustoso proverbio dialettale. Mescolando festività e figure religiose si evidenzia la calura che ha spesso accompagnato questo mese.
E’ interessante notare come nel dialetto milanese il mese di Agosto era detto anche “Vóst” . Esempio ne è:” L’acqua de vóst a l’è tutta mel e mòst”
“L’acqua di Agosto è tutta miele e mosto” proverbio che esalta i benefici di qualche acquazzone estivo. Le esasperate anomalie dei fenomeni atmosferici di oggi, con temporali tropicali e siccità, rendono però ormai difficile ritrovarsi nei detti di un tempo…
A proposito della festività del 15 Agosto ho trovato la storia interessante della “Madonna dei tencitt” che si festeggia proprio in questa data.
“Questo dipinto, alto quasi due metri, con la Madonna che protegge sotto il proprio manto i santi Sebastiano, Carlo Borromeo e Rocco, sta sotto gli occhi dei milanesi dal XVII secolo. Rappresenta la «Madonna de’ tencitt», protettrice dei carbonai milanesi, ed è un ex voto che Bernardo Catone, abate della corporazione dei carbonai, commissionò a un pittore, rimasto anonimo, come segno di ringraziamento alla Madonna per averli risparmiati dalla terribile epidemia di peste scoppiata nel 1630, la stessa di cui parla Manzoni nei «Promessi Sposi». La Madonna esaudì i tencitt (che significa ragazzi sporchi) preservando l’intero quartiere di Santo Stefano. La tela fu collocata sulla facciata di Ca’ Tencitt (che si trova a Milano all’angolo tra Via Laghetto e vicolo Laghetto) dove, a quel tempo, alloggiavano gli scaricatori di carbone e dove si trova ancora oggi. Fino a una quindicina di anni fa, però, la tela era praticamente dimenticata, chiusa dietro ante di legno che la proteggevano dal sole e dalle intemperie, e veniva esposta solo il giorno di Ferragosto, in occasione della festa dell’ Assunta, alla presenza delle poche persone rimaste in città. Nel 1989, però, un avvocato milanese che abita in zona si salvò dai postumi di un grave incidente stradale dopo aver chiesto la grazia alla Madonna. In cambio della guarigione, aveva promesso il restauro del dipinto e dopo lunghe trattative con il Comune, le perizie tecniche e le autorizzazioni della Soprintendenza, nel 1993 la tela restaurata è tornata sul muro di Ca’ Tencitt, festeggiata con un piccolo rinfresco dagli abitanti del quartiere e benedetta dal prete, come in una festa paesana d’ altri tempi. Questa volta, però, si è deciso che la Madonna, doppiamente miracolosa, sarebbe dovuta restare sempre visibile, disponibile ad accogliere altre domande di grazia, protetta da un vetro speciale che la ripara dai raggi del sole. (tratto da un testo di Francesca Bonazzoli)
LINGUA : stà – stare, abitare
Protagonista di questo mese è il verbo stare con alcuni significati e modi di dire usati nella nostra parlata dialettale.
stà adoss – a ridosso
stà giò d’adoss – stare giù, non importunare
stà adrèe – seguire, accudire, simpatizzare
stà sù – vegliare, stare alzato
stà in sù quella – stare sull’avviso
stà con… – parteggiare, condividere
fa stà su – rubare, prendersi più del dovuto
digh quèl che stà ben – digli quel che si merita
là ghe stà – è conveniente, giusto
làsa stà – lascia stare, non toccare
ghe stoo anca mì – acconsento, partecipo anch’io
se la stàss de mì – se dipendesse da me
…E CHI LO SA?
Eccoci alla parola dialettale del mese scorso: bàrlafùs
La parola volutamente facile e usata ancor oggi, ha ottenuto diverse risposte e tutte in linea con il significato riportato anche da diversi dizionari di dialetto.
Maria Teresa ha risposto:
Bàrlafùs, persona alla quale non si può dare fiducia o stima; uno smargiasso che racconta balle senza fondamento, si fa grande a parole e non fa fede alla parola data. Come spesso accade nel dialetto un’unica parola esprime un intero concetto.
Gaetano Dell’Agnese ci scrive:
La domanda di questo mese di luglio sul significato del vocabolo dialettale “barlafüs”, mi porta indietro negli anni, ai tempi in cui c’erano mia madre e mia nonna. Per loro questo termine significava una persona poco seria, inaffidabile, e, per fortuna, allora ce n’erano poche e ben riconoscibili. Con l’attuale inflazione di questo epiteto, oggi, per me, è diventato difficile individuarle.
Per non tralasciare eventuali altri significati abbiamo chiesto al buon Cherubini di darci una mano. Per lui, oltre al già citato senso della parola “barlafüs”, che lui ci conferma, questo appellativo indicava cosa di scarso valore, come i nostri successivi “paciàm” e “catanài”.
Ringrazio per la tua pagina mensile di “aria di casa”, saluto cordialmente tutti.
Infine, il nostro instancabile amico Carlo FURBELLI ci racconta con precisione e dovizia di particolari:
Dai, questa parola la usiamo ancora… è una persona confusionaria, un uomo di nessun conto. Di fatto, in origine, il termine è riferibile alle cose di poco valore in casa, carabattole, cianfrusaglie.
“L’à tolt su i sò barlafus e l’é andaa”
A suo tempo tantissimi erano i barlafüs che frequentavano i circoli, circolini, trattorie e trani vari – quelli che avevano i “tre scalini” per l’accesso (chissà perché!)
Ai nostri tempi, ugualmente, noi barlafüs frequentiamo altri circoli – uhm, mi sembra si chiamino social – e non hanno nemmeno i tre scalini per entraci, oibò! Di fatto siamo confusionari e di poco valore, naturalmente faccio parte pure io del grandissimo numero…
E siamo in difficoltà se andiamo a ricercarne l’etimologia.
Forse composto da barla “parla” e fus “fuso” usato anche in fa gió i fus “patire la fame”.
Più probabile che il suffisso berla (usato a Bergamo) dal celtico ber “elevazione, montagna” possa indicare una persona alta, che parla da fuso.
Forse anche dal celtico per “brillare” cosa che brilla senza valore con suffisso -us equivalente a diminutivo spregiativo.
Uhm, troppi forse…
Si dice pure che con la decadenza della grandezza romana anche il teatro degenerasse nella corruzione e lussuria. I Mimi, attori ed autori, recitavano in modo estemporaneo e offrivano alla plebe situazioni scandalose e contro il pudore. Le autorità cercarono di osteggiare la loro attività con ogni mezzo anche imponendo loro di dover recitare scalzi – nel nostro dialetto a pé biótt o in pé ‘n tèra – in Francia nu-pieds, in Germania barfuss.
E da lì, con la dominazione austriaca in Lombardia probabilmente siamo arrivati al barlafüs.
Dopo tutte queste esaurienti spiegazioni non aggiungo altro, anzi sì… aggiungo la parola da ricercare questo mese: bundioeura… mi è tornata in mente ricordando che da ragazzino non c’erano i supermercati… come cambiano i nomi!
Aspetto sempre le vostre risposte e i vostri ricordi, grazie in anticipo a tutti!
Damàtrà… Consigli
Per quanti fossero interessati a gustare la nostra parlata dialettale e approfondire i dialetti del milanese:
RADIO MAGENTA – La Musica dal Dialett
https://soundcloud.com/radiomagenta/la-musica-del-dialetto
Carlo FURBELLI -“Dialett dal Cason e oltar…”
https://www.facebook.com/groups/dialetto.casonese
Per le vostre risposte, i vostri ricordi o gli interventi scrivete a: https://www.facebook.com/magentanostra o info@magentanostra.it
(bibliografia: C.Beretta “A lezione di grammatica Milanese”- C.Comoletti “I mestee de Milan”- “Vocabolario Milanese-Italiano ”edizioni di G.Banfi – di F.Angiolini – di F.Cherubini – WEB: Wikipedia – Accademia della Crusca – Canzon.Milan.it – Milano Free.it – www.sciroeu.it – foto Internet rielaborate e con autore sconosciuto)