In occasione della “Giornata della Memoria”, il 27 gennaio, è stata allestita presso l’auditorium della scuola media la mostra “Storie, disegni e poesie di Terezin”, a cura della Sezione ANPI di Magenta.
La pianta a stella della città di Terezin – profetico ed infausto richiamo a quella di David -, posta nell’odierna Cechia, accoglie gli studenti in visita che sostano, commossi e increduli, davanti ai pannelli sui quali apprendono la terribile destinazione che Hitler assegnò alla città-fortezza, sorta nel XVIII secolo in onore dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, da cui prese il nome.
Trasformata in luogo di transito verso i campi di sterminio di Auschwitz e Treblinka, i prigionieri ebrei – che vi furono rinchiusi – si aggrapparono alle arti, come la musica, la poesia e la pittura per esorcizzare il loro dramma e lasciare traccia del loro passaggio, coscienti che quella fosse l’ultima tappa della loro esistenza. Molti erano bambini. Nonostante fosse vietata ai piccoli l’istruzione scolastica, nel ghetto si ottenne il permesso di insegnare loro il disegno, il canto, l’artigianato. A queste materie fu aggiunto, per quanto illegalmente, l’insegnamento delle lingue, della letteratura, della storia, dei fondamenti delle scienze naturali. L’insegnante di disegno, Friedl Dicker-Brandeis, morta ad Auschwitz nel 1944, nascose in una delle aule del campo due valigie con i lavori realizzati dai bambini che, alla fine della guerra, furono ritrovati e consegnati al Museo Ebraico di Praga, dove gli originali sono tuttora custoditi.
Forti le emozioni suscitate negli studenti della nostra scuola dalle testimonianze di questi documenti d’arte e di vita: “Leggendo le poesie, e man mano che i miei occhi si spostavano da una riga all’altra – commenta una studentessa –, il mio cuore si appesantiva. Il desiderio di un’infanzia vera, di libertà, di volare via e ciò che scaturisce”. Un alunno afferma: “Nonostante questi bambini si siano trovati ad affrontare una condizione che non aveva nulla di umano, i loro disegni e le loro poesie evidenziano grande coraggio e una grande voglia di vivere e di appropriarsi di tutte quelle cose di cui erano stati privati”. Alcuni studenti sono rimasti impressionati dall’uso del colore: “Nei disegni ricorrono spesso l’arancione e il giallo. Credo che l’abbiano fatto per rimanere positivi e non pensare al peggio”. Per altri è stato doloroso riconoscere la loro infanzia negata: “Quei bambini sono diventati adulti a undici anni. Hanno visto cose che noi, per quanto possiamo sforzarci, non concepiremo mai”. Altri sono giunti a queste riflessioni: “Bisogna ricordare questi fatti, per quanto dolorosi, per fare in modo che Peter, Pavel, Doris, Margit, e tutti gli altri bambini non muoiano una seconda volta”. Mentre per altri si sono aperte questioni ancora in parte irrisolte: “Ci sarà mai un modo per chiedere scusa ai 15000 bambini e alle altre persone che sono scomparse in questo modo crudele e inumano?” Certamente in molti di loro si è fatta strada la consapevolezza che “quei giorni, nei quali gli uomini e le donne e i bambini non venivano considerati più nemmeno esseri umani, devono oggi farci aprire gli occhi sulla possibilità di dare valore ad ogni persona”.
Come ha commentato il dirigente scolastico, prof. Davide Basano: “Ci sono momenti nella storia in cui il mistero del male segna la fine di un’era e l’inizio di un’altra: il 27 gennaio 1945 è uno di questi, anche se la percezione di questo passaggio si è fatta strada gradualmente. Ma oggi ne abbiamo preso coscienza: dalle ceneri di Auschwitz è sorto un mondo nuovo, centrato sui valori della democrazia, della libertà e della convivenza. Valori che la scuola si propone di diffondere anche grazie a pregevoli iniziative come questa”.
A cura degli studenti della classe 3D – “F. Baracca”