Home » Il bestiame bovino (testo e podcast)

Il bestiame bovino (testo e podcast)

Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 10 dicembre 2008

La convivenza tra uomini e bovini è una tipica caratteristica dell’agricoltura padana, anche se nei secoli passati diversa è stata la modalità di sfruttamento di questo tipo di bestiame, in relazione all’abbondanza o alla penuria di terre da adibire a prato
Così, se nella Bassa pianura irrigua l’allevamento delle vacche da latte (la cosiddetta “bergamina”) formava la parte più importante del reddito agricolo, nella zona asciutta, e quindi anche a Magenta (escludendo la Vallata irrigua), la presenza di bovini fu, fino all’ultimo decennio dell’Ottocento, assai sporadica, e motivata, presso le famiglie massarili, esclusivamente dalla necessità di integrare alimentazione e reddito agricolo, spesso insufficienti, e dalla possibilità di disporre di letame e di forza da traino per i lavori in campagna. 
Magenta era bensì centro di mercato per il bestiame bovino, importato prevalentemente dalla Svizzera, ma tra i compratori c’erano raramente gli abitanti locali. Tanto nell’inchiesta agraria Czoerning (1835-1839) quanto nell’inchiesta Anelli del 1882, sono assai scarsi i riferimenti alla presenza di bovini nella zona asciutta, e gli occasionali cenni alla stalla si riferiscono quasi esclusivamente all’allevamento dei buoi da lavoro. 
Questa situazione, cristallizzatasi nei secoli, subì una repentina mutazione sul finire dell’Ottocento, quando la totalità dei terreni divenne irrigua grazie all’escavazione del Canale Villoresi. Anche per gli agricoltori di Magenta si aprivano nuove prospettive, e la presenza di bovini si fece più capillare all’interno dell’abitato, nelle stalle di cui ogni cortile era fornito. Con la diffusione dei bovini comparvero massicciamente anche le malattie legate all’allevamento; in particolare si fecero assai frequenti le epidemie di afta epizootica, malattia raramente mortale, ma spesso causa di grave deperimento temporaneo del bestiame, con conseguente forte danno economico. 
Nell’inverno 1901-1902 l’epidemia di afta spinse l’Amministrazione comunale ad adottare speciali provvedimenti di tutela, investendo il veterinario dott. Luigi Dameno del compito di arrestarne la propagazione. Così si espresse la Giunta municipale motivando lo stanziamento di un fondo straordinario per le spese veterinarie: “si premette che in occasione dell’ultima discesa in questa vallata del Ticino delle mandrie della Valsassina che abitualmente vengono a svernare in questo territorio, si sono manifestati alcuni casi di afta epizootica, che mano mano vanno diffondendosi in altri cascinali della Valle e che minaccia di propagarsi anche sull’altipiano; l’Amministrazione comunale, tenuto conto dell’abituale noncuranza di taluni proprietari, piuttosto che attendere le denuncie, stima miglior consiglio di incaricare il medico veterinario di fare una rigorosa visita a tutte le mandrie, ordinando i sequestri e le prescrizioni igieniche per le stalle infette”. 
E il veterinario ispezionò le stalle magentine “per ben quattro mesi con servizio straordinario”, compiendo visite e sequestri non solo nella Vallata, ma anche in pieno centro abitato, come nella stalla Bottelli in via S. Rocco, o come in due stalle, interamente sequestrate, in corso Vittoria (oggi via Roma). In tutto visitò una dozzina di stalle nell’abitato di Magenta e prese provvedimenti cautelativi nei confronti delle stalle delle cascine Palazzina, Prinetti (dove verso fine settembre era solita giungere la mandria Invernizzi), Sallazara (con sequestro di 60 bovini), e Bulbera
Per attenuare i danni che l’epidemia poteva provocare al bestiame, nel primo decennio del Novecento vennero fondate, a Magenta come nei comuni limitrofi, società di mutuo soccorso contro la mortalità del bestiame. La Società Ambrosiana di assicurazione “contro il deperimento e la mortalità del bestiame bovino”, fondata a Magenta nel 1904 su iniziativa di don Cesare Tragella, vide fin dalla fondazione un’adesione massiccia di contadini, che da 50 passarono nel breve corso di due anni a circa 800. Il numero dei capi di bestiame assicurato, 650 all’esordio della Società e 1150 nel 1906, conferma la capillare diffusione dei bovini presso i piccoli contadini, ma nello stesso tempo dà l’idea di come nelle stalle interne all’abitato fossero ospitati di norma non più di un paio di capi di bestiame. 
Ogni socio pagava una piccola somma per ogni animale assicurato, ed era risarcito in caso di infortunio dalla Società, che acquistava dal socio il capo di bestiame malato. 
Anche grazie a questa provvida istituzione, l’allevamento dei bovini trovò in Magenta una sempre maggiore diffusione, tanto che nel 1910, in occasione dell’Esposizione Regionale tenutasi a Magenta, il veterinario consorziale, dott. Giovanni Pinaroli, poté pronunciare queste parole lusinghiere: “Il commercio del bestiame bovino in genere, e più specialmente quello dei buoi da lavoro (per l’agricoltura, trasporti, da carradori) è attivissimo in Magenta, e costituisce una delle principali risorse economiche dei nostri coloni. Il grande beneficio arrecato a queste terre dell’altopiano dall’irrigazione del canale Villoresi e l’applicazione pratica di molte fra le scoperte scientifiche vantaggiose per l’agricoltura hanno cooperato all’intensificazione dell’industria agricola in questa zona. Di pari passo ha dovuto progredire anche l’industria del bestiame, protetta dal rapido sorgere di moltissime società di mutuo soccorso contro la mortalità del bestiame bovino, sorte dappertutto, oltre che per l’iniziativa di benemeriti uomini, anche per la forza stessa che loro deriva dalla indiscutibile bontà dell’idea alla quale essi si ispirano”. 
Il grande sviluppo del commercio del bestiame, unitamente a motivi di carattere igienico-sanitario, spinsero nel 1914 a identificare un apposito spazio per il mercato settimanale degli animali. Parve adattarsi alla perfezione la piazza dove sorgeva la vecchia chiesa parrocchiale (ormai prossima alla demolizione, avvenuta nel 1917); lì il bestiame trovò adeguato spazio, tanto che quel luogo (oggi piazza Kennedy) diventò per i magentini semplicemente la “Piasa di besti”.

 

 

 

 

 

Laura Invernizzi

Membro del Consiglio della PRO LOCO MAGENTA
Giornalista, realizzatrice e voce narrante della sezione "Podcast"

Archivi

Archivi

Seguici