Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 9 novembre 2000
Il progetto della costruzione di una linea ferroviaria austro-sarda mosse i primi passi nel 1856, quando il governo di Vienna si accordò con alcune tra le Case bancarie più in vista del panorama finanziario europeo per la cessione dei diritti di esercizio sui tronchi di nuova costruzione.
In territorio piemontese esisteva già la linea Torino-Novara, e tentativi di collegare le due sponde del Ticino attraverso il ponte di Boffalora erano stati operati da parte sabauda; nel trattato di pace del 6 agosto 1849, che chiudeva la Prima guerra d’Indipendenza, fu inserita una clausola addizionale con cui ci si accordava per una sollecita unione delle ferrovie austriache e piemontesi; resistenze austriache fecero poi fallire le trattative, fino al giugno del 1856, quando si pervenne ad un preciso accordo grazie alla mediazione di Napoleone III, imperatore francese. I lavori per la costruzione della tratta Novara-Ticino furono completati da parte piemontese nell’ottobre 1857, mentre la linea Milano-Rho-Magenta venne aperta un anno più tardi.
Il collegamento al ponte di Boffalora, che venne adattato al servizio cumulativo stradale e ferroviario, fu inaugurato solo in data 1 giugno 1859, alla vigilia della storica battaglia. Ripercorrendo lo svolgersi dei lavori di costruzione del tronco lombardo della strada ferrata, si nota un grande impegno di uomini e di mezzi, tale da consentire la consegna delle necessarie infrastrutture in tempi brevi; dopo meno di un anno dalla data di avvio dei lavori (dicembre 1857) la prima macchina a vapore poté raggiungere la stazione di Magenta, ancora in costruzione. Dell’efficienza delle maestranze impiegate nell’opera si dirà in un prossimo articolo; ora vediamo quanto accadde in quel lontano 19 settembre 1858, allorquando per la prima volta i Magentini videro transitare sulle loro terre un convoglio ferroviario.
Si trattava della “corsa d’esperimento”, di un convoglio formato da otto vagoni “conducenti legnami” da utilizzare per la costruzione degli uffici presso la stazione. Il convoglio arrivò in stazione alle ore 11 antimeridiane, ma non tutto andò come previsto, ed anzi le operazioni di scarico del materiale trasportato si risolsero in tragedia.
Ecco come il Deputato politico Antonio Modesti raccontò l’accaduto, inviando una missiva urgente, alle ore 2 pomeridiane, al Commissario distrettuale di Abbiategrasso: ” […] dopo che la macchina a vapore fu giunta alla stazione, scaricò i legnami, per caricare altre cose, ma sgraziatamente un certo Comerio Barnaba, d’anni 40 circa, ammogliato con un figlio, abitante in Milano in strada di Porta Tenaglia, nel mentre cercava di attaccare un vagone coll’altro, venne schiacciato urtando un vagone contro l’altro. Si ebbe appena il tempo di fargli dare gli oli santi e subito dopo spirò. L’individuo, dal vestiario, sembrò addetto qual facchino della macchina. Adesso l’ho fatto ritirare in uno stanzino vicinissimo alla stazione e questa sera lo farò trasportare nel luogo solito dove si pongono i morti, cioè nello stanzino vicino alla Chiesa parrocchiale. Addosso gli si rinvenne un borsellino contenente due svanziche [lira austriaca d’argento da venti soldi] e sette soldi, nonché un orologio d’argento ed una chiave“. Il giorno dopo lo stesso Modesti ebbe modo di conoscere e trasmettere ulteriori particolari: “[…] tale inconveniente da quello che ho potuto rilevare, successe in parte per negligenza e trascuratezza del medesimo infelice, ed in parte per essere lo stesso stato confuso ed imbrogliato [messo in difficoltà] dalla quantità di gente, specialmente contadini e figli che trovavansi vicinissimi al convoglio, e che da disperati e senza badare al pericolo salivano e discendevano i vagoni, si assedevano sul ferroviario [sui binari] prima appena di qualche passo dalla macchina e dopo appena l’ultimo vagone, di maniera che un piccolo urto o retrogrado [all’indietro] o avanzante poteva produrre altre disgrazie. La gendarmeria si trovava sul luogo ma nemmeno ella poteva far indietreggiare la gente che attorno alla macchina si affollava. Vedo bene che finora non si poté per l’urgenza del tempo mettere ripari o steccato, ma fatto riflesso che il convoglio tutti i giorni arriva per condurre legnami ed altro, me ne rincrescerebbe che avessero a nascere altri inconvenienti. Io chiamai l’addetto alla strada ferrata e gli raccomandai di adoperarsi onde faccia stare alla larga la gente dal convoglio quando arriva o parte, ma vedendo essere impossibilitato ciò ottenere principalmente coi figli di tenera età che abbandonati, si suol dire, dai loro genitori, vanno affollandosi intorno al ferroviario, ne partecipo la cosa a codesto Imperial regio Commissariato Distrettuale per quei provvedimenti che crederà del caso“.
Questa la situazione, esposta con la consueta chiarezza dal deputato politico; certo l’arrivo della ferrovia dovette provocare un forte impatto in una comunità ancora esclusivamente agricola, lontana dalla città e dalla modernità che solo pochi Magentini avevano avuto modo di osservare, negli occasionali viaggi verso il capoluogo. Il fascino della novità aveva un’enorme forza di attrazione, per gli adulti come per i bambini; ed è interessante notare tra le righe come già a quel tempo — non è quindi solo prassi negativa dei giorni nostri — i genitori non avessero molto tempo per curarsi dei propri figli, che erano lasciati esposti a molti pericoli. Certo erano diversi gli strumenti di divertimento, e l’arrivo del treno dovette rivelarsi, per queste torme di fanciulli, un gioco irresistibile.
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Generata con intelligenza artificiale ∙ 16 novembre 2023 alle ore 11:05 AM