Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 8 ottobre 1997
Nei primi anni del 900, mentre l’Italia con Giolitti stava vivendo il suo momento di sviluppo industriale e di pacificazione sociale, a Magenta si cercò di creare una struttura che potesse accompagnare e incrementare la crescita verso obiettivi sempre più avanzati: la biblioteca. Attraverso i resoconti quindicinali comparsi sulla rivista “L’Umanitaria per i lavoratori dei campi” (resoconti non completamente obiettivi, data la matrice socialista della testata), è possibile seguire il lungo iter che portò alla nascita del primo centro culturale del nostro territorio. L’idea di una biblioteca nacque dal circolo socialista “Unione, Libertà e Lavoro” che, sollecitato dai capifila milanesi del partito, nel gennaio 1907 propose alla Giunta municipale, retta dal sindaco Brocca, di avviare le pratiche per l’istituzione di una biblioteca popolare; ispirandosi a concetti di “sana e moderna amministrazione”, la Giunta accolse favorevolmente l’istanza, tanto che i promotori dell’iniziativa si lasciarono andare a facili entusiasmi: “Con uomini siffatti, le idee buone e moderne trionferanno per certo, e la biblioteca popolare sarà quanto prima un fatto compiuto, con supremo beneficio del nostro paese che ha tanto bisogno di aprire gli occhi a concezioni e sentimenti civili”. Il Consiglio Comunale, recependo l’orientamento della Giunta, stabilì un sussidio ed assegnò un locale nel fabbricato delle scuole elementari. Ben presto tuttavia si profilarono alcune difficoltà: “Chi va piano va sano e va lontano: noi però siamo andati troppo piano e quindi poco lontano; tutto maggio sarà occupato a raccogliere quanto più denaro possibile, ed entro la prima quindicina di giugno, sia molta o poca la potenzialità economica, con vari sussidi si inaugurerà la biblioteca popolare“. Previsioni completamente sbagliate; ancora in settembre si susseguirono adunanze, per assicurarsi che “la biblioteca si sentisse accolta da ogni ordine di cittadini“. Ottenuto il consenso delle diverse classi sociali, si lamentava tuttavia la latitanza della classe operaia, cui la biblioteca avrebbe dovuto servire in particolare, “fino ad ora purtroppo molto indifferente verso la nuova istituzione“. Il ritardo nell’apertura della biblioteca era uno dei segni della scarsa sintonia tra le diverse componenti sociali della vita magentina, dove già era viva la rivalità tra partiti o associazioni di diversa ispirazione o area politica, ed in particolare tra i socialisti ed i cattolici guidati dal parroco don Tragella; così all’iniziale cautela i socialisti sostituirono ben presto una più aperta polemica: “Parlando di Magenta – è riportato nel resoconto del 30 ottobre – si sarebbe tentati di adoperare le parole amare che contro la biblioteca istituenda usa ingiustamente qualche falso difensore del bene del popolo“. Non è difficile intuire in queste parole il senso di rabbia dei promotori della biblioteca nei confronti dell’avversione che il mondo cattolico magentino evidenziava verso l’iniziativa; e non è difficile d’altra parte sospettare che la scelta dei libri operata dal Comitato si fosse orientata verso testi ritenuti da alcuni come sospetti, fuorvianti ed anche rischiosi nei confronti del popolo. Le opposizioni non fermarono tuttavia le convinzioni dei socialisti: “L’opera che noi compiamo è troppo severa per essere scossa da cattive partigianerie; e non una frase ci uscirà che non sia di eccitamento a far presto, per rispondere col fatto compiuto alle malefiche aggressioni dei nemici sleali di ogni progresso: fare la biblioteca, aprirla a tutti e dimostrare alla luce del sole quali sono i libri che ci siamo preoccupati di scegliere. Ogni indugio può essere un palmo di terreno concesso agli agguati del nemico. Usciamo in campo aperto ed esso fuggirà: quando i pipistrelli invadono la casa, non ci si affatichi a volerli colpire con la scopa; basterà accendere i lumi e quelli scapperanno via“. La polemica si trascinò a lungo, e nel dicembre del 1907, cogliendo l’occasione di un generoso lascito di un signore milanese già residente in Magenta, si tenne a ribadire che “Magenta ha tradizioni di generosità che non possono essere smentite, per quanto miserevoli ambizioni di dominio sfruttino volgarmente pur ancor l’unico pensiero civile della plebe: la religione“. Finalmente il 19 gennaio 1908 venne fissata l’apertura della biblioteca; si stabilì di bandire ogni ostentazione, ritenendo “drappi, processioni, tamburate ecc. come cose da bambini o da sentimentalità infantili: l’istruzione è cosa troppo seria da permettere intorno a sé delle pagliacciate“. Primo presidente fu il dottor Pinaroli, che inaugurò la biblioteca con un discorso “solenne e modesto ad un tempo, di fronte ai pochi convenuti nell’aula scolastica, quasi racimolati qua e là, tra la supina indifferenza di molti e la coatta contrarietà dei più“. Questo il passo conclusivo: “Noi abbiamo fatto che questa luce del sapere inondi ogni angolo più oscuro della vita operaia, perché l’operaio è ancora timido e schiavo, ha paura di aprire gli occhi. Ma noi gli ripetiamo: apri le tue vene a questa febbre del voler conoscere e ragionare, non accontentarti mai di quello che ti dicono e di quello che sai“. Nel 1912 un visitatore della Società Umanitaria ebbe a dire che “questa di Magenta è una delle più belle biblioteche, delle meglio curate e delle più vitali; una folla richiede libri in prestito, ed è cresciuto il numero delle insegnanti che prestano gratuitamente il loro tempo per il funzionamento del servizio domenicale (unico giorno di apertura). Le domande ogni domenica sono circa 60, ed i lettori iscritti 243, con maggioranza delle donne tra gli adulti e dei maschi tra i ragazzi“. Passato il periodo del faticoso esordio, si trovò anche il tempo di pensare all’estetica del locale adornandolo con una “graziosa novità, utile e geniale“: un mobiletto a casellario con funzioni di schedario appeso al muro e contenete le schede dei libri, “opportuna variante alla cassetta orizzontale, perché ingombra meno ed è più comoda ed estetica”.
Foto di copertina Suzy Hazelwood da Pexels