Le prime notizie risalgono al 1664 quando l’edificio, già di proprietà della famiglia Borri, fu ipotecato a favore di Clara Pedra Borgazzi a garanzia dei numerosi debiti che Francesco Borri aveva contratto nei confronti della nobildonna milanese. Nell’atto notarile è descritta per la prima volta la Villa come: “…sedimen magnum a nobili cum viridario vineaculo annexo perticarum … vel circa sito in dicto loco Mazenta quod consistit in diversis locis inferioribus et superioribus usque ad tectum (…) curte portico magno ante salam cum sex columnis marmoreis putheo stallis duabus torcii…” Nel 1690 Maddalena Borri, erede di Francesco, cedeva definitivamente a Carlo Domenico Borgazzi, figlio ed erede di Clara Petra, la casa di Magenta insieme ad altri beni al fine di estinguere il debito contratto dal padre. La stima, allegata all’atto notarile, fatta da l’ingegnere collegiato di Milano Giuseppe Maria Ceriani contiene una lunga e minuziosa descrizione della villa. L’edificio si articolava su più corpi di fabbrica. Una prima ala dello stabile, non più esistente, prospettava sulla strada per Marcallo (via 4giugno) ed era caratterizzata da un ampio androne d’ingresso dal quale avevano accesso le carrozze. Disposta su due piani comprendeva alcuni locali di servizio, una legnaia e una stalla con fienile collocata a destra del portone; una scala, probabilmente di legno, conduceva ai piani superiori dove si trovavano alcune camere. Un secondo corpo di fabbrica (l’attuale Casa Giacobbe), era posto perpendicolarmente al primo secondo uno schema ad elle. Anch’esso disposto su due piani e caratterizzato al piano terreno da un portico (la veranda con le pitture), sul quale si apriva il salone principale della villa. A fianco di questo, sulla sinistra, dando le spalle al portico, si trovavano due locali adibiti a lavanderia ed a cucina; sulla destra una “saletta” e la scala di pietra accessibile direttamente dal portico che conduceva in due andate al piano superiore. Quest’ultimo presentava una distribuzione dei locali – indicati genericamente come “camere” – che ricalcava quella del piano terreno, con un grande corridoio di distribuzione – detto “la galleria” – posto in corrispondenza del portico sottostante. Il complesso comprendeva anche un terzo corpo di fabbrica, pure andato distrutto. Qui si trovava il cosiddetto “luogo del torchio” nel mezzo del quale vi era una colombaia sostenuta da due archi di cotto. Accanto al torchio si trovava “una canepa” fatta in volta” con un “solaro tramezzato in due, con un pezzo di giardino”. Verso nord la proprietà si estendeva con il giardino fino all’odierna via Cavallai, a sud la villa confinava con l’orto e la proprietà di un certo Sig. Dardanone. Nel 1723, in occasione del censimento voluto da Carlo VI, fu stesa la prima mappa catastale della cittadina di Magenta. In essa però non risultano evidenziati i perimetri esterni dei muri degli edifici. Non è quindi possibile rilevare l’ingombro di villa Giacobbe; ma è evidenziata, con una campitura in acquarello verde, solamente l’area che era destinata a giardino. Il primo documento iconografico che mostra l’edificio nella sua articolazione originaria ad U è una mappa della seconda metà del XVIII sec. Nel 1768 Giovanni Battista Borgazzi ereditò dal padre la casa. Qualche tempo dopo l’intero possedimento – inclusa la casa colonica – dovette passare al ragioniere Filippo Viganò di Milano che nel maggio del 1820 vendette tutti i suoi beni a Magenta a Giovanni Andrea De Andrea, anch’egli residente a Milano. All’atto notarile che sancisce la vendita è allegata una relazione di stima stesa nel 1818 dall’ingegner Paolo Bianchi che fornisce un’altra dettagliata descrizione della villa. Da questa si apprende che i corpi di fabbrica della parte nobile dell’edificio erano separati dalla corte della casa colonica con un muro divisorio in cui si apriva una porticina si comunicazione. Un’altra informazione importante contenuta nella relazione riguarda la sala principale della casa, quella prospettante sul porticato, dove si trovava un “camino grande all’antica di manera sagomato ed intagliato a figure” Potrebbe essere, probabilmente, il camino ora collocato nella omonima sala. Nel 1833 il proprietario morì, lasciando i suoi beni in eredità alle figlie e ad alcuni nipoti. Nella successiva spartizione, la villa di Magenta rimase alla figlia Agostina De Andrea, sposata con l’avvocato Giovanni Giacobbe (padre) A quest’ultimo risulta intestata la casa nel 1841. AI 1854 risale un nuovo rilevamento catastale della villa che però non mostra significative modifiche dell’impianto tipologico rispetto alla mappa della seconda metà del Settecento. In esso viene evidenziata la sua ubicazione al limite del nucleo abitato ed adiacente alla linea ferroviaria Milano Torino sulla quale il viaggio inaugurale dell’unione dei due tronchi fu effettuato il 1 giugno 1859 La posizione periferica della villa, all’ingresso del borgo, e strategica, in quanto dominante con la sua torretta la linea ferroviaria, la stazione e le strade per Boffalora e Marcallo, fece sì che essa rappresentasse uno dei capisaldi delle linee difensive austroungariche durante la Battaglia del 4 giugno 1859. Alla guida dei propri zuavi nell’attacco il gen. Espinasse fu mortalmente colpito dai Kaiserjager che occupavano la Villa. Le cronache sulla Battaglia, soprattutto quelle di fonte francese indicano che casa Giacobbe era “di tre piani, compreso il piano terreno”. L’affermazione è sicuramente errata ma trova spiegazione nella famosa stampa del Bossoli che mostra la struttura originaria dell’edificio prima delle demolizioni del ‘900. In essa è riprodotta l’ala della villa lungo la via 4 giugno, che era di due piani, ma aveva un’altezza inferiore rispetto al corpo retrostante: Da qui l’errore di aver ritenuto che quest’ultimo fosse di tre piani Nella facciata dell’edificio su strada si aprivano al piano terreno due finestre prive di imposte e un grande portale arcuato che doveva dare accesso alla corte interna. Sulla sinistra un alto muro di cinta nel quale si apriva, tra due pilastri, un portone di accesso al giardino, proteggeva luogo elevato ove sostare in conversazione sotto l’ombra di un pergolato guardando l’esterno. In luogo del balconcino oggi affacciatesi sul giardino esisteva una semplice finestra Nella stampa è riprodotta anche la torretta “con passerera”. Là, soleva scrivere Donna Maria Giacobbe descritta come: “…Dama bella e gentile. Fu aristocratica per modi e per intelligenza, per cultura e per cuore. Amava la musica ardentemente e fu essa pure musicista esimia accogliendo intorno a sé Frugatta Andreoli, i fratelli Sala, Giulio Simonetta, Boito ed altri valenti….”. Usciva da famiglia di nobiltà secolare, il cui nome figura con onore nella storia del Risorgimento. Era infatti figlia di quel marchese Giberto Porro Lambertenghi che ebbe a precettore Silvio Pellico.. Mori giovanissima e la sua morte fu una tragedia.fu sua amica intima di Donna Vittoria Cima, il cui salotto fu un tempio dedicato all’arte più eletta. Di donna Maria Giacobbe scrisse una commovente commemorazione Giannino Antona Traversi. I danni alla villa provocati dagli scontri del 1859 sono ancora oggi parzialmente visibili: la facciata verso il giardino, crivellata dai proiettili, è stata infatti mantenuta in questo stato quale ricordo glorioso della battaglia, L’avvocato Giacobbe incaricò il pittore Giacomo Campi di decorare il porticato della villa con un ciclo pittorico in cui si racconta la Campagna del ’59. L’opera venne terminata come documenta la scritta, nel 1897 Allo stesso artista si devono anche le pitture del camino “Il brindisi della riconciliazione” dei due soldati feriti e l’allegoria dell’”unità d’Italia” dipinte successivamente al 1918 Nella pietra arenaria è scolpito il mito di Orfeo Anche per il museo patriottico ordinato dal figlio Gianfranco, Tenente di Cavalleria, la famiglia si avvalse dell’opera del Campi che decorò il frontone della porta d’ingresso e l’interno. Di queste opere però non rimane nulla essendo andate distrutte con la demolizione del fabbricato avvenuta intorno agli anni ’70 Nel 1921, dopo la morte del figlio, Giovanni Giacobbe donò alla città di Magenta i cimeli della battaglia del 1859 conservati nel museo allestito dal figlio. Dieci anni più tardi, nel 1931, il Podestà di Magenta Giuseppe Brocca affidò le preziose memorie fino ad allora custodite nel museo Giacobbe al museo del Risorgimento di Milano Nel 1935 la villa fu acquistata dal Comune. Nello stesso anno furono abbattuti il corpo di fabbrica su via 4 giugno e l’ala anticamente occupata dal torchio di quest’ultima fu risparmiata solo la bassa parete con l’ampia arcata attraverso cui si ha ora accesso alla palestra, costruita a partire dal 1936 a ridosso dell’unico corpo della villa ancora esistente. La storia dei giorni nostri vede Casa Giacobbe, destinata successivamente a scuola, biblioteca comunale, piccolo museo, sala mostre, sede del Parco del Ticino, sede di uffici comunali. Negli ultimi anni è divenuta la casa delle associazioni magentine, apprezzato centro e motore delle iniziative culturali della Città.
L’8 giugno 2003 la Casa Giacobbe è stata restituita alla Città di Magenta completamente restaurata. Il pregevole lavoro è stato effettuato da un equipe composta dall’arch. ANNA PASINI progettista, da GIORGIO BERGAMINI restauratore, dall’ing. FRANCO BIANCHI e arch. PIETRO PIERRETTORI dell’Ufficio Tecnico del Comune di Magenta. Il restauro ha evidenziato il recupero di spazi interessanti al primo piano (eliminando il corridoio di disimpegno con evidente vantaggio in spazio per tutte le sale), ma soprattutto nel seminterrato, dove è stato portato alla luce un antico pozzo e riattivata la scala interna che scende dal terrazzo verso i giardini pubblici.E’ stata creata una nuova zona d’ingresso coperta nel cortiletto posto sul lato sud-est dell’edificio, adiacente al cortile principale. L’ingresso ai piani superiori avverrà attraverso una scala ricavata nella zona che precede l’ingresso alla palestra. I quattro livelli -seminterrato, terra, ammezzato e primo piano sono anche serviti da un ascensore. Sulla facciata storica sono stati mantenuti intatti i segni della Storia, consolidando gli intonaci distaccati, pericolanti e la muratura. “I fori dei colpi di cannone e di moschetto sono stati sigillati solo sui bordi, conservandoli come ferite aperte nella muratura.” Si è posto rimedio “all’intervento pesante e squalificante effettuato negli anni 50/60 sopra la volta affrescata dal Campi.” In ossequio all’originaria scelta del pittore, il “rosso” è ritornato sullo zoccolo e le colonne dell’atrio. Una particolare attenzione è stata posta all’abbattimento delle barriere architettoniche. La Casa GIACOBBE, ex Casa BORRI, venne costruita nei primi anni del secolo XVII°, probabilmente in occasione del matrimonio fra un esponente della famiglia BORRI con una ANNONE. Nel 1690 la Casa passò di proprietà alla famiglia BORGAZZI e, solo dalla seconda metà del secolo XIX° divenne proprietà della famiglia GIACOBBE. Fedeli custodi delle patrie memorie GIOVANNI GIACOBBE ed i suoi discendenti vollero consacrare la villa al culto della Battaglia del 4 Giugno 1859. Essi raccolsero i cimeli di quella memorabile giornata e li esposero nelle vetrine di un salone dove purtroppo oggi non sono più. Essi infatti sono esposti in poche vetrine del Museo del Risorgimento di Milano. Non sono molti e neppure spettacolari, eppure commuovono per la loro umanità. Un libro di preghiere in tedesco, un pezzo di pane lasciato da Napoleone, una lettera di una ragazza francese ad un soldato, una borraccia di legno e sciabole, divise, bandiere, fucili.
Di grande pregio il camino seicentesco in pietra arenaria è l’opera più antica, fortunatamente ancora integra, presente nella Casa. Di notevole interesse le cariatidi e i bassorilievi. Le superfici esposte ai fumi, particolarmente ingrigite, sono state ripulite con impacchi di solventi con polpa di carta che hanno consentito di recuperare la cromia originale dell’opera ed evidenziato la presenza di numerosi ritocchi con tempere acriliche fortemente alterati, frutto di passato restauro. I dipinti presentavano problemi differenti a seconda della loro collocazione. Il restauro è stato svolto con precise, specifiche tecniche che hanno ridato leggibilità a tutte le scene raffigurate. Leggibilità recuperata anche per quanto riguarda gli affreschi, o più precisamente, le “tempere a calce” del portico, dove si è proceduto con estrema cautela e dove non sono mancate le sorprese in seguito alla riscoperta di figure nascoste da un successivo restauro. In accordo con la Sovrintendenza, tali figure sono state recuperate, mantenendole però nel loro aspetto consumato, quasi come fantasmi che appaiono tra quelle più nitide. La facciata della Casa Giacobbe appare tutta crivellata dai colpi di cannone, di mitraglia e di fucile che le rovesciarono contro gli zuavi di Mac Mahon. Giovanni Giacobbe non volle che quelle cicatrici fossero rimarginate ed esse ricordano ancora oggi i momenti più cruenti della battaglia che permise alle truppe di Napoleone III° e di Vittorio Emanuele II° la liberazione di Milano. Venne chiamato inoltre il pittore della scapigliatura milanese GIACOMO CAMPI a rievocare nell’atrio, con delle grandi composizioni simboliche, le fasi della Battaglia di Magenta. L’opera fu condotta a termine nel 1897. Sulla parete sinistra vi è raffigurata la notte stellata con il “curvo filo della luna nuova” a ricordo della notte del 4 giugno 1859. Una figura aureolata di donna simboleggia la “fatalità”: essa deterge il sangue dalla spada che impugna e vuol significare che la guerra non è sempre voluta dagli uomini, ma che talvolta è il fato a spingere i popoli l’un contro l’altro. In un secondo grande affresco il CAMPI ha voluto raffigurare gli orrori della guerra. Sui due lati di una porta un robusto contadino e una contadina stanno raccogliendo le armi abbandonate nei campi e rastrellando il terreno per simboleggiare che, dopo la tempesta, il lavoro farà rinascere nuovamente i suoi benefici frutti In un salone interno, nella cui parete in fondo s’apre un grande camino, il CAMPI diede forma al suo spirito umanitario raffigurando un soldato francese ed uno austriaco, entrambi feriti, che bevono fraternamente brindando alla pace dopo la battaglia. Oggi Casa Giacobbe è sede della PRO LOCO MAGENTA e di ben 49 Associazioni magentine.