Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 10 dicembre 2001
La vicenda storica della nascita e dello sviluppo del nuovo agglomerato di edifici costruito a ridosso del ponte sul Naviglio Grande su cui transitava la nuova Strada Postale Milano-Novara, è una vicenda curiosa, intrecciata ai tentativi di personaggi diversi, noti o sconosciuti, di lanciarsi in promettenti avventure imprenditoriali o, viceversa, di conservare antiche e radicate condizioni di privilegio. La nuova Strada Postale venne resa transitabile al traffico veicolare nel 1836, e fu subito chiaro che la località chiamata Ponte Nuovo, a ridosso del confine naturale del Ticino, avrebbe rappresentato una tappa obbligata su uno dei percorsi più frequentati per portarsi dal Lombardo-Veneto alle terre piemontesi.
L’Archivio Postale Lombardo ha conservato numerose carte, non sempre di facile lettura, su un decennio di trattative, di polemiche e di diverbi: condite con proclami risorgimentali e con interessate dichiarazioni di fedeltà agli Asburgo. Queste vicende, meritevoli in un futuro di comparire in una monografia specifica, rappresentano un interessante spaccato della vita magentina di metà Ottocento, oscillante tra gli slanci verso il progresso e l’attaccamento al passato.
Aperto al traffico lo “stradone”, si provvide a trasferire da Boffalora (da dove, prima del ponte napoleonico, il Ticino era attraversato col barchetto), a Magenta una serie di uffici statali che competevano alle località di confine: nel 1837 trovarono collocazione in Magenta la Ricevitoria di Finanza (delegata alla riscossione dei dazi d’entrata), la Gendarmeria (presidio delle forze armate) ed il Commissariato di Polizia, preposto alla tutela dell’ordine pubblico.
La collocazione magentina fu comunque considerata, già in sede di primo intervento, del tutto provvisoria, poiché l’intenzione palese delle autorità era di poter trasferire tutti gli uffici regi in nuovi ed appositi edifici da costruire ex novo in prossimità del ponte sul Naviglio.
E nel giro di pochi mesi vennero edificati due ampi fabbricati, uno di fronte all’altro, a monte del ponte sul Naviglio. Il primo di questi venne adibito a sede degli uffici di Polizia e Dogana (Finanza); il secondo, definito a più riprese “grandioso”, venne costruito nell’anno 1840, “vincolato ai disegni delle autorità governative e camerali” per essere utilizzato come sede di un ampio albergo e della Posta Cavalli; ne era proprietario il possidente Francesco De Luigi.
Nel progetto compariva la volontà di impiantare al Ponte Nuovo la Posta Cavalli, e ciò non fu di poco conto, poiché su esso venne costruita una “querelle” che arrivò addirittura a scomodare l’autorevole parere del feldmaresciallo Radetzky. Il fatto è che la Posta Cavalli, a differenza degli altri uffici di confine, era ben radicata a Magenta, dove trovava una sede spaziosa lungo la strada postale, nello stabile ad uso promiscuo di albergo e posta denominato Osteria Granda (di fronte all’odierna basilica).
Il servizio di Posta Cavalli consisteva nel fornire cavalli freschi alle diligenze, o più propriamente alle Imperiali Regie Malleposte che più volte al giorno trasportavano passeggeri e merci da Milano a Novara e alle piazze piemontesi, e necessitava di ampi spazi per le stalle e per i servizi di assistenza alle diligenze stesse; a Magenta nel periodo preso in considerazione il servizio di Posta Cavalli era esercitato, “senza alcuna lagnanza, e ben forniti di ottimi ed abbondanti cavalli“, dai fratelli Carlo e Antonio Marinoni in forza di un appalto novennale assegnato nel 1840; in vista della scadenza del contratto coi Marinoni, le autorità nel 1847 cominciarono a muoversi per rendere operativo il progetto di una nuova sede per la Posta Cavalli, ed il più sollecito interprete di questa volontà fu il Commissario distrettuale, che dalla sua sede abbiatense informò nel luglio dello stesso anno la Delegazione provinciale di Pavia dell’imminente trasferimento. Prima ancora dei fratelli Marinoni, fu comunque la municipalità magentina a sollevarsi contro questa inattesa decisione, adducendo ragioni che, in verità, avevano poco a che fare con la razionalizzazione del servizio che le autorità austriache intendevano perseguire con il trasferimento il località più idonea. Ecco comunque come la Deputazione comunale (a firma Albasini, Biccinetti e Calderara) sintetizzò la sua opposizione:
“1) Perché accadono di sovente degli incendi, sia in questo stesso borgo e cascinali, che nei comuni vicini, e quindi [siamo] obbligati a fornire le macchine idrauliche col suo corredo ai Pompieri comunali, per non trovarsi altre macchine idrauliche fuori da Abbiate, perciò vennero aggregati a Magenta la metà dei comuni di questo distretto VIII di Pavia, per cui fu essenzialissima la Posta Cavalli in questo borgo, onde poter ottenere quella prestezza che si richiede in simili ed ingentissimi casi.
2) Nel passaggio delle I.R. truppe, che sovente accade, vi occorrono dei trasporti, siccome [Magenta è luogo] di tappa, per cui questo maestro di posta non si è mai rifiutato, tenendo appositamente cavalli più del bisogno prescritto, che al contrario si troverebbe il Comune in un grande impegno a procurarli diversamente, e quindi diverrebbe il servizio militare molto incagliato, non trovandosi qui che pochissimi cavalli di privati: come anche per i bisogni di questa numerosa popolazione, non che dei vicini signori di questi contorni, in occasione di malattie, alla presa dei medici alla città sarebbe di gravissimo danno siffatta traslocazione.
3) Che nel caso urgente dì corriere o staffette straordinarie, per avere anche la Posta lettere e la Gendarmeria in Comune, sarebbe di grande imbarazzo trovarsi altrove la Posta Cavalli.
4) Si fa poi osservare che, non esistendo nessun oratorio al Ponte Nuovo, sarebbero i postiglioni costretti, per adempiere al loro dovere, di non sentire la messa festiva, o di abbandonare il loro dovere, dovendosi recare a Boffalora o Magenta per la messa”.
La replica piuttosto seccata delle autorità provinciali non tardò ad arrivare, e con essa la questione si arricchì di nuovi retroscena e di nuovi personaggi, mentre in campo politico, alla luce dei nuovi scenari dopo il 1848, cambiarono i centri decisionali e le priorità.