Testo di Alessandro Colombo pubblicato su MAGENTA NOSTRA n. 5 giugno 2005
I recenti lavori per la creazione di una pista ciclabile di collegamento tra Magenta e Pontevecchio sono solo l’ultimo degli interventi che, nel corso dei secoli, hanno apportato modifiche ad un asse viario tra i più antichi del territorio magentino.
Prima che venisse scavato il Naviglio Grande, e che si formassero quindi gli agglomerati di Pontevecchio e di Boffalora, il collegamento tra le due sponde del Ticino era assicurato da tratturi che si spingevano dal villaggio magentino verso la vallata in direzione dei punti di guado del fiume. Sia alla cascina Airoldi presso Pontevecchio sia alla cascina Calderara presso Boffalora sono stati ritrovati reperti di epoca romana e materiali risalenti a tombe celtiche, il che fa pensare che insediamenti nella vallata fossero presenti in epoca precedente l’escavazione del Naviglio; cosicché è lecito pensare che l’asse viario che collega Magenta a Pontevecchio non sia successivo alla costituzione del villaggio sul Naviglio, ma che lo stesso abitato del Ponte sia stato ubicato in quella posizione perché lì transitava una via che già in epoca romana conduceva da Magenta al guado del Ticino e agli antichi mulini della vallata (preesistenti al Naviglio) indispensabili all’economia agricola della curtis locale nei primi secoli del medioevo. L’apertura del porto fluviale di Boffalora spostò verso quella località, a partire dall’epoca bassomedievale, la direttrice di transito per l’attraversamento del fiume, ma lo “stradone del Ponte” conservò la natura di asse fondamentale alle comunicazioni interne al territorio magentino, tanto che sul finire del Settecento lo ritroviamo di dimensioni inusitate rispetto alle altre strade interne o extraurbane.
Risale infatti al 1780 il primo riattamento di cui si ha notizia certa; venne approvata una proposta che prevedeva la trasformazione da “stradone” a strada, ovvero da pista erbosa (e fangosa) di ampie dimensioni a doppia corsia a strada selciata.
In particolare si decise di coprire il “fossone” che correva tra le due corsie di marcia del vecchio tracciato; di restringere la sede stradale a sole 14 braccia (circa otto metri) con alienazione delle pezze laterali superflue e con pavimentazione a sassi vivi a “schiena di mulo”, avente cioè lo scolo della acque piovane ai lati, in fossi appositamente creati e ombreggiati da gelsi. Il progetto venne contestato da alcuni membri dell’amministrazione locale, ma alla fine trovò esecuzione.
Le resistenze all’ammodernamento erano basate sulla volontà di salvaguardare antichi usi e consuetudini, così argomentate: “Allo stradone è troppo necessaria maggior ampiezza, per la quantità dei carreggi e delle bestie bovine nell’andare e ritornare dalla valle, essendo sorprendente il numero delle bestie e dei carri carichi di voluminose materie che s’incontrano sullo stesso stradale, così che non potrà mai bastare la nuova angusta strada ai bisogni del pubblico nei cambi e ricambi delle condotte. Oltre di che, trattandosi di uno spazio che forma un’amenità al borgo ed il più salubre paesaggio, si verrebbe a perdere un comodo per l’angustia a cui si ridurrebbe la strada, considerando l’incessante concorso delle bestie e dei carri. Per ultimo, mancando la comodità d’altri spazi al pascolo delle bestie dei terrieri più poveri, sarebbe di non poca afflizione e di un evidente pregiudizio dei medesimi il privarli del diritto immemorabile di fare pascolare le loro bestie nello spazio in gran parte erboso dello stradone, senza che per secoli si sia pensato a porvi mano, non dovendosi pure tralasciare di far presente che lo stradone medesimo porge un’ampiezza unica nel paese, che sia capace per far schierare i soldati e per tenerli in esercizio nelle occasioni di alloggiamento militare.”
Le variazioni avvenute negli anni più recenti nel tratto urbano della strada sono sotto gli occhi di tutti, e sono connessi alla riorganizzazione urbanistica degli ultimi decenni: la Cappella Votiva a ricordo dei caduti della Grande Guerra (che modificò il tratto iniziale della via, nobilitato da 220 cipressi), poi la piazza del mercato e il palazzetto dello sport. Un tronco del vecchio tracciato è oggi utilizzato come via di accesso al cimitero, edificato a inizio Ottocento all’esterno del borgo e in fregio all’antico stradone del Ponte, non lontano dall’antica chiesa parrocchiale.