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Pasqua

Pasqua -per i cattolici- è la prima domenica dopo il primo plenilunio che segue l’equinozio di primavera: così può cadere tra il 25 marzo e il 25 aprile. Variabilità che deriva da quella della Pasqua ebraica che si celebra dal tramonto del 14° giorno del mese di Nisan del calendario ebraico; mese che cade sempre in primavera. Ora, poiché il primo giorno del mese ebraico coincide col novilunio, il quattordicesimo giorno è quello del plenilunio e la domenica successiva è quella che il Vangelo ci dice essere avvenuta la resurrezione di Gesù.

Questo legame con i cicli della natura per molti di noi è molto allentato: piova o tiri vento, sole o bufera se alle otto dobbiamo timbrare un cartellino: timbriamo! Mio nonno contadino no. Tutto aveva il ritmo delle stagioni: d’estate quattordici ore di luce, quattordici ore di lavoro! D’inverno “rigulà i bestii -quel sempar “parchè se stan ben lur a stem ben tucc-” …riposo al caldo del camino.

Ma a Pasqua…e la domenica prima, quella ‘delle palme’, è rinascita!

Quest’anno, per la seconda volta, vivremo un po’ in sordina questi eventi. Il ‘covid’ ci priva anche di questo… anche se forse forse siamo in vista della soluzione.

Che non sarà facile e comporterà impegno duraturo per una convivenza (leggi rivaccinazioni di richiamo, forse ancora mascherine…) col virus che caratterizzerà il nostro futuro ancora per un po’.

Ah com’era bello e consolatorio credere che bastassero le risorse della nonna, che all’appressarsi di neri nuvoloni temporaleschi correva a bruciare un rametto dell’ulivo benedetto della domenica delle palme, sicura che così si sarebbe evitata la tempesta  e salvato il raccolto. Che bastasse spargere un po’ dell’acqua che sgorgava dalla fonte contemporaneamente allo scampanio di Pasqua per preservare la casa da ogni male…

Ingenuità? Sì, ma non solo. C’era anche una vibrazione di fondo che si sorreggeva sulla certezza che, comuque, dopo ogni inverno torna la primavera…che “a Pasqua, l’è volta l‘è basa, ga spunta la frasca!”.

Che il ciclo ricomincia e con tutta la tenacia necessaria si va avanti! Il “whatever it takes” mica l’ha inventato Draghi: mio nonno già lo diceva! Certo a modo suo (“ga vor quel che ga vor”) ma era lo stesso concetto. Lo stesso spirito positivo con cui hanno -questi nostri avi- smosso le montagne… ‘con le mani’!

Guardate la nostra Basilica…valutatene la mole…tradotta in ore di fatica e sudore! Sapremmo noi magentini (che oggigiorno saremmo anche il doppio del doppio!) fare altrettanto? A volte penso che no, uno slancio così, una così grande fiducia nel futuro sarebbe -oggi- mi dico, impensabile.

Poi però capita di trovarsi di fronte alla Chiesa dell’Assunta e leggere, sugli striscioni che vi sono stati appesi, che sono stati raccolti più di 200.000€. Di questi tempi! E che ci si appresta ad una nuova raccolta, fiduciosi di trovarne, altri 600.000€!

È una cosa grande! Sbanderiamo gli ulivi per fare festa all’emergere di questo senso di appartenenza ad una comunità che si sostanzia in fiduciosa coesione e in consapevolezza delle proprie capacità. Siamo tutti chiamati a dare generosa conferma e concreta forma a questo anelito di partecipazione perché questo è un

germoglio che spunta, da accudire perché diventi albero e dia frutti dai cui i semi per un muovo germoglio, che diverrà albero…e così via.

Qui trovi il bilancio della raccolta fondi per il restauro della Chiesa dell’Assunta
Sostieni anche tu i lavori; vedi qui come puoi fare.

Oliviero Trezzi

Direttore di MAGENTA NOSTRA.
Vicepresidente della PRO LOCO MAGENTA.

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