Giovanni Sesia (Magenta, 1955) non si definisce pittore e nemmeno scultore o fotografo, ma “artista”.
Frequenta l’Accademia di Brera a Milano e si accosta alla pittura con dipinti dal segno forte e dai colori accesi. La sua ricerca artistica indugia inizialmente tra astratto gestuale e suggestioni figurative. In seguito egli si avvicina alla fotografia quale mezzo tecnico da affiancare all’espressività pittorica.
La svolta è alla fine degli anni Novanta, in seguito alla scoperta di un intero archivio fotografico di un ospedale psichiatrico in abbandono. Affascinato dalle vecchie fotografie, che ritraggono volti e luoghi dimenticati, l’artista le ingrandisce e le rielabora sovrapponendovi campiture, ritocchi pittorici e inserti calligrafici. La fotografia dunque è solo l’occasione e il principio; la pittura diventa documento e testimonianza.
Attraverso i ritratti dei pazienti contenuti negli schedari degli archivi di ex manicomi, indaga il tema della follia e riporta alla luce esistenze segnate dal dolore e dalla malattia, per sottrarle al passare del tempo e all’oblio. Il senso della tradizione, i colori caldi della terra, i bruni, l’ocra e la ruggine, come le scritte realizzate con una grafia pressoché illeggibile, diventano i tratti personali e inconfondibili anche nelle opere che rappresentano temi differenti, come gli oggetti domestici, i paesaggi, la città, tutti con una matrice comune, l’essere umano e il valore della memoria, intesa come elaborazione malinconica del ricordo collettivo e del desiderio di custodire il significato del passato.
Selezionato per il padiglione italiano della 54° Biennale di Venezia nel 2011, vanta numerose esposizioni in Italia e all’estero.
WE ARE NOW è il titolo della mostra più recente (gennaio 2020) di Giovanni Sesia, a cura di Eli Sassoli de’ Bianchi e Olivia Spatola, in collaborazione con la galleria d’arte Fabbrica Eos (Milano), esposta a Bologna in occasione della Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea.
Sede dell’esposizione, uno dei palazzi più prestigiosi della città – Palazzo Bevilacqua Ariosti – storico edificio del XV secolo, noto anche per aver ospitato una delle sedute conclusive del concilio di Trento.
Nell’allestimento multimediale, Giovanni Sesia si è avvalso del prezioso supporto di Stefano Sgarella (altro magentino doc) che è anche l’autore del breve ma intenso video, che proponiamo.
La musica è di Erik Satie (1866 – 1925).
Di seguito alcuni estratti dal comunicato stampa della mostra:
“Noi – siamo – ora, tre parole a riassumere tre assunti fondamentali: il nostro esserci nel mondo; la nostra presenza in un certo luogo preciso, posto ad una certa latitudine e longitudine, ed in un dato momento storico, quello appunto dell’oggi.
Un linguaggio artistico che si sofferma ad osservare la presenza così come si confronta con l’assenza; sono volti ed immagini accolte e restituite a nuova vita dal gesto melanconico e carico di nostalgia di Giovanni Sesia.
A cogliere la caducità del vivere e la transitorietà della vita e delle cose, le fotografie pittoriche che emergono dai morbidi marroni del fondo, sul quale spesso compaiono numeri o scritte, segni che riportano alla realtà un racconto altrimenti solo immaginabile.
Presenze che, nel farsi materia, appartengono al tempo dell’oggi; sono ora, in un dato momento ed in un luogo e spazio preciso, uno spazio che, ci ricorda Einstein, e ancora prima Aristotele, non è assoluto, bensì ‘esiste mediante le energie ed i corpi che contiene’.
Il nostro presente, in quanto spettatori, ne risulta amplificato, allorché, nel desiderio di trattenerne la memoria, ci apriamo all’ascolto di un sapere e di un sentire antico che, a livello inconscio, continua a scorrere nelle nostre vene, ed è parte costitutiva del nostro essere uomini.”
Immagine: Giovanni Sesia (2017) Fabbrica Eos