‘Una storia del Novecento’, questo il titolo dell’ultimo, l’ottavo per l’esattezza, libro di Maria Luisa Busti, edito, all’interno della collana ‘L’albero della memoria’, da la Memoria del Mondo. Ed è stato proprio Tino Malini ad avviarne la presentazione in occasione del secondo appuntamento del breve ciclo – promosso in marzo dalla Biblioteca ‘Oriana Fallaci’ – che ha avuto protagoniste “due signore della Scrittura”, per citare lo stesso illuminato libraio di Galleria Portici. Dopo ‘Le donne dimenticate’ di Raffaella Nova Santagostino, è stata la volta della scrittrice magentina. Attributo qui usato non nell’accezione anagrafica, ma come sottolineatura del fatto che da sempre la Magenta d’antan e il territorio circostante sono i luoghi delle sue pagine. È stato un racconto del direttore dell’albergo (una vecchia villa nobiliare ristrutturata che fu anche orfanotrofio), soggiorno di una vacanza nell’Aretino con il marito, nel settembre del 2018, a dare la stura alle vicende de ‘Una storia del Novecento’.
“La dimora era proprietà dell’ultimo Conte Schiatti, padre di molti figli mai riconosciuti … ho iniziato il romanzo, ambientandolo proprio lì, in Toscana, però, poiché quel paesaggio, seppure bellissimo, non mi appartiene, l’ho cambiato. Io amo scrivere della mia terra, della mia gente, delle mie radici”, ha spiegato l’autrice, che ha scelto il primo dopoguerra, “periodo storico denso di avvenimenti, fertile dal punto di vista narrativo”, mutando, così, anche l’epoca rispetto a quella in cui visse il nobile seduttore che le ha ispirato il personaggio di Achille. “Sono e mi sento – ha affermato – una donna dello scorso secolo”, i cui accadimenti, in specie quelli che hanno prodotto un’eco significativa sulla realtà della provincia milanese, sono oggetto della sua attenta e costante ricerca storica.
Ora, passiamo al altro. Pur non volendo addentrarci nella questione della scrittura femminile o maschile, scorrendo le righe limpide, pacate, serene di Maria Luisa Busti, molte delle quali dedicate ai sentimenti più intimi e profondi, causa o conseguenza dell’agire, della crescita, delle scelte dei personaggi e considerando, in aggiunta, l’ampio spazio dedicato alle protagoniste – siano esse creature di fantasia, quali Brigida, Elena, Angelina, o donne realmente esistite e magari poco note, quali Abigaille Zanetta ed Ersilia Majno – chi potrebbe negare l’evidenza che a vergarle sia stata una mano mossa da un sentire femminile? Mano che, di sicuro, i suoi più affezionati lettori non attribuirebbero ad altri che a lei.
